Smetto quando voglio

Ier sera sono andato al cine e finalmente ho visto un film (italiano) che mi ha fatto divertire e riflettere un po’.

Prima di tutto la sceneggiatura è scritta molto bene e la storia si sviluppa bene nei 100 minuti. Si attraversano tutte le giuste fasi del racconto di una storia: ambientazione e presentazione dei personaggi, presentazione della sfida che i personaggi devono affrontare, coinvolgimento nella storia e climax e finalmente, conclusione.

Non solo, ma lo sviluppo della narrazione appare equilibrato e non c’è nessuna delle fasi della storia che pare eccessivamente marcata rispetto alle altre. Per me questo è molto importante perché non sopporto le storie raccontate male.

Ho apprezzato anche alcuni particolari scelte estetiche come la saturazione esagerata dei colori ed alcune riprese che sembrano quadri di Warhol. Queste non sono fini a se stesse ma funzionali ad una storia dove si parla di smart drugs, ricerca scientifica, società e tagli allo stato sociale.

Perché questo film è una grottesca commedia che con levità pone lo spettatore davanti a diverse tragedie della società italiana. I personaggi sono ricercatori universitari precari che giunti all’età di 35-40 anni si trovano estromessi dall’università che è senza fondi in mano a baroni senza cervello. Si trovano in una società che non è in grado di mettere a frutto nessuna delle loro abilità e per sopravvivere si arrabattano facendo i lavori più disperati (letteralmente non disparati). Quando Pietro giunge al capolinea della sua carriera universitaria il mondo gli cade addosso e tentando di mettere a frutto le sue abilità fonda la “banda dei ricercatori” che produce e vende nelle discoteche una smart drug di sua invenzione, tutto in maniera (quasi) legale. La storia parte bene ma velocemente si complica e sfugge di mano ai nostri fino alla sua amara conclusione.

La scena finale condensa in una battuta tutta l’amarezza della situazione di Pietro, il campione dei ricercatori italiani.

Leggendo oltre vi verrà svelata la fine.

Pietro, in carcere insegna agli altri detenuti percependo così un piccolo salario di 500€ al mese fondamentale per la sua famiglia; salario che si esaurirà al suo rilascio che “tristemente” si avvicina per buona condotta. Pianifica quindi di fare una rissa alla mensa così “magari ci scappa anche la coltellata e forse mi becco un’altro anno!”

THE END