Bugiardi senza gloria

Da Il Fatto Quotidiano del 9 Ottobre 2009, a firma di Marco Travaglio.

Tra le balle spaziali che circolano in questi
giorni a proposito della bocciatura del lodo
della vergogna, la più notevole riguarda la
presunta retromarcia della Corte
costituzionale, che nella sentenza del 2004 sul
lodo Maccanico-Schifani non avrebbe eccepito
nulla sull’uso di una legge ordinaria, anziché
costituzionale, per derogare all’articolo 3 della
Carta, mentre l’altroieri ha giudicato illegittimo il
lodo Alfano proprio perché fatto con legge
ordinaria. Si tratta di una bugia pietosa per salvare
la faccia non solo ad Al Fano e al suo mandante e
utilizzatore, ma anche al capo dello Stato, che quel
lodo firmò (e forse ispirò) due estati fa,
sostenendo per giunta che esso recepiva le
indicazioni precedenti della Consulta e quindi non
appariva manifestamente incostituzionale. In
realtà, nella sentenza del 13 gennaio 2004 firmata
dall’allora presidente Riccardo Chieppa e dal
redattore Francesco Amirante, si faceva più volte
riferimento all’articolo 138 della Costituzione,
quello che regolamenta le leggi costituzionali.
Prima i giudici ricordavano che il Tribunale di
Milano aveva chiesto alla Corte di annullare il lodo
Schifani anche perché “attribuisce alle persone
che ricoprono una delle menzionate alte cariche
dello Stato una prerogativa non prevista dalle
citate disposizioni della Costituzione, che
verrebbero quindi ad essere illegittimamente
modificate con legge ordinaria, in violazione
anche dell’art. 138 Cost.???. Poi aggiungevano: “Né
va omesso di considerare che il principio di
eguaglianza rientra tra i principi fondanti della
Carta costituzionale, derogabile solo dalla stessa
Costituzione o con modifiche costituzionali
adottate ai sensi dell’art. 138 Cost., come risulta
confermato dal fatto che tutte le prerogative
riguardanti cariche o funzioni costituzionali sono
regolate da fonti di tale rango???. Più avanti, la Corte
osservava che per creare un «regime differenziato»
rispetto al principio di eguaglianza fra tutti i
cittadini sancito dall’articolo 3, occorre prevedere
limiti ben precisi, che né il lodo
Maccanico-Schifani né l’Alfano contemplavano: “Il
principio di eguaglianza comporta infatti che, se
situazioni eguali esigono eguale disciplina,
situazioni diverse possono implicare differenti
normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha
decisivo rilievo il livello che l’ordinamento
attribuisce ai valori rispetto ai quali la
connotazione di diversità può venire in
considerazione. Nel caso in esame sono
fondamentali i valori rispetto ai quali il legislatore
ha ritenuto prevalente l’esigenza di protezione
della serenità dello svolgimento delle attività
connesse alle cariche in questione???. Valori
costituzionali, ai quali ovviamente non si può
derogare con legge ordinaria: “Alle origini dello
Stato di diritto sta il principio della parità di
trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui
esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili
è regolato da precetti costituzionali???. Più chiaro di
così…Alla fine, tirando le somme, la Consulta
individuava ben quattro profili di
incostituzionalità nel merito del lodo, per cui non
riteneva di doversi occupare anche della forma,
cioè della sua veste di legge ordinaria. Ma
concludeva significativamente: “Resta assorbito
ogni altro profilo di illegittimità costituzionale???. E
assorbito non vuol dire escluso. Vuol dire,
appunto, assorbito: cioè implicito. Bastava saper
leggere la lingua italiana per scoprire che anche il
lodo Alfano sarebbe stato bocciato. E non con un
voltafaccia rispetto alla sentenza del 2004. Ma in
base alla stessa giurisprudenza di cinque anni fa.
Con buona pace dei tanti, troppi bugiardi senza
gloria che infestano le tv e i giornali. Bisognava
pensarci prima di scriverlo, il lodo. E prima di
firmarlo.

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