Morti a Kabul

Devo confessare che sono venuto a conoscenza del luttuoso evento attraverso facebook. Un mio ex compagno di classe del liceo aveva aderito alla causa “Onore agli eroici morti” o qualcosa di simile; senza dover dire che non mi piace aderire alle cause in facebook, questa in particolare non la condivido proprio.

Appena ho letto la notizia m’e’ subito venuto alla mente di aver letto, ad Agosto, questo articolo dell’Espresso, uscito poco dopo la morte di un altro soldato italiano in Afghanistan. Autore e’ un generale dell’esercito italiano.

La morte del nostro soldato in Afghanistan era purtroppo preannunciata. Era nell’aria e nella logica delle cose. Non tanto perché i mezzi non sono sufficienti, poco protetti o perché il ministro non dà i soldi (tutte cose drammaticamente vere), ma perché i nostri soldati hanno assunto un nuovo atteggiamento operativo. [...] [Il cambiamento di atteggiamento operativo, nda] In realtà è partito dal basso ed è coinciso con il turno della brigata paracadutisti ‘Folgore’ che dell’Afghanistan non aveva né particolare conoscenza né migliore capacità di controllo del territorio. Tra le forze del nostro esercito i paracadutisti sono quelli più preparati alle operazioni ma anche i più vulnerabili alla propaganda dell’uso della forza. [...] I nostri parà hanno perciò ritenuto logico e naturale seguire l’onda sciagurata di quelle parti della nostra politica, della nostra stampa e dei nostri generali che assecondando il rambismo hanno creduto di fare un favore agli americani e agli altri alleati.[...]
Hanno voluto semplificare considerando tutti gli afgani come talebani e nemici. Hanno seguito e talvolta guidato quelle parti dello stesso esercito afgano che odiano altri afgani solo perché appartengono ad altre etnie o tribù. Hanno inteso acquisire il controllo di aree che erano tranquille senza capire che la tranquillità era dovuta proprio alla discrezione di una presenza militare straniera ritenuta di occupazione.
[...]
I morti hanno un ruolo drammaticamente importante: realizzano l’eroismo collettivo che altrimenti sarebbe difficile dimostrare.

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